Accompagniamo le foto di Brundarte scattate a questo splendido vaso a figure rosse conservato presso il MAPRI di Brindisi alla dettagliata descrizione dei reperti eseguita dalla Dott.ssa Benita Sciarra, archeologa direttrice per lunghi anni del Museo.
Nel Museo Provinciale di Brindisi è esposto un vaso a figure rosse.
Faceva parte della Collezione Civica e dall’inventario del Canonico Pasquale Camassa, il buon genio dell’archeologia brindisina, si ricava soltanto che fu rinvenuto in frammenti nel giardino del signor Nervegna nel 1928.
Il vaso è una oinochoe (vaso greco a forma di brocca ad unica ansa ndr), di discrete proporzioni e di buona fattura (alt. cm. 23,5; diam. della bocca cm. 13; diam. della base cm. 13). E’ restaurato in diverse parti, ha pancia rigonfia leggermente rientrante verso il fondo risparmiato, ansa verticale bifida; l’argilla è rosea, la cornice nera lucente.
La decorazione presenta tre figure racchiuse entro un riquadro delimitato in alto da una serie di ovoli, in basso da meandro intramezzato da rettangoli con motivi a croce di S. Andrea. Fu il Philippart ad identificare una delle tre figure rappresentate, e precisamente la prima a destra, quella semisdraiata sui cuscini, con Dioniso. Tale identificazione era stata posta in dubbio dal sesso della figura stessa, che, come appare dalla foto, manca della parte superiore, che è di restauro. Recentemente il Van Hoorn, valendosi dell’esperienza dello Zahn e del Beazley, al cui esame ha sottoposto il pezzo in questione, ha confermato tale ipotesi e, identificando la figura centrale con Arianna, il cui corpo morbido e liscio è in contrasto con quello articolato di Dionisio, ha visto nella scena la celebrazione tra le due divinità dello hieros gamos (la ierogamia o hieros gamos, dal greco “matrimonio sacro”, si riferisce a un rituale sessuale che simboleggia l’accoppiamento o sizigia, congiunzione, tra un dio e una dea, soprattutto quando emanata in un rito simbolico i cui partecipanti umani rappresentano le divinità ndr).
Per il problema dell’origine del dio, l’incontro con Arianna, antica dea cretese, non è senza importanza. Solitamente Dioniso lo si fa arrivare in Grecia da ogni parte e in ogni periodo: dalla Tracia, dall’Asia Minore, da Creta, e la sua origine la si fa risalire al sesto secolo o al 1600 a.C. (J. Meerdink, Ariadne (Thèse, Amsterdam 1939).
Solo la scoperta del nome di Dioniso impresso su di una tavoletta di Pilo del 13° secolo ha tolto ogni dubbio circa l’epoca dell’origine del dio stesso, mentre il suo incontro con Arianna ci ha mostrato come la sua origine sia cretese.
E’ nota la storia della principessa cretese, Arianna, abbandonata nell’isola di Nasso da Teseo, che già l’aveva resa madre, e fu Dioniso che, commosso dalla triste avventura della donna, attratto dalla sua bellezza, la sposò offrendole una immortalità esente da vecchiezza.
Questo hieros gamos fu celebrato con grande solennità durante le Anthesterie, feste che si svolgevano in onore dello stesso Dioniso in Atene. D’allora la rappresentazione della coppia divina divenne un tema ricercato dai pittori dei vasi. Su di un cratere di Spina a Ferrara, Dionisio ed Arianna sono seduti su di un trono, mentre un gruppo di Baccanti rende loro omaggio; lo stesso soggetto troviamo su di una coppa di Vulci nel Museo Britannico e su di un cratere a volute e infine su una serie di vasi attici del IV secolo. Si tratta per lo più di oinochoe, come il vaso in questione, vasi che probabilmente venivano fabbricati per celebrare le Anthesterie.
La solennità del matrimonio divino è stata interpretata con spirito arguto dall’artista, il quale ha ridotto l’episodio ad una scena conviviale. Dioniso appare infatti semisdraiato sui cuscini di una kline (divano decorato ndr), egli cinge con un braccio Arianna che mostra il busto nudo, mentre la parte inferiore del corpo insieme alle gambe, è coperta dallo himation (scialle che gli antichi greci portavano sul capo o sulle spalle ndr) morbidamente drappeggiato; con il braccio teso la dea porge una coppa ad un satiretto che le sta dinanzi, in una posa audace e artisticamente ben riuscita.
Erroneamente tanto il Philippart quanto il Van Hoorn hanno visto nel satiretto un « coppiere ». E’ evidente invece che non lo sia se si guarda l’atteggiamento della figura, protesa in avanti e con il braccio destro alquanto sollevato sulla coppa, che in tal modo appare nella posizione meno adatta perché in essa possa essere versato il sacro liquore. Si tratta, a mio parere, più verosimilmente di un satiretto, la cui presenza è giustificata dalla sfera mitica in cui solitamente si svolge il matrimonio divino. Tutta la scena non manca di vivacità ed è degnamente rappresentata dall’artista di cui finora non si conoscono altri prodotti e che deve essere vissuto sul principio del IV secolo come lo stile del vaso ci mostra.
BENITA SCIARRA
(http://www.culturaservizi.it/vrd/files/ZG1960_mito_Dioniso_Arianna.pdf)